Unione Apostolica del Clero

                            Arcidiocesi di Palermo - Circolo 712

“Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42).

 
   LA RISCOPERTA DEL DIACONATO E IL SUO SVILUPPO FINO AD OGGI

Dall’intuizione della prima comunità del diaconato [Freiburg , Germania, nel 1951], passando dall’intuizione di Yves Congar [1958] e Karl Rahner [«DIACONIA IN CRISTO»,1962], fino a Paolo VI [con il Motu Proprio “AD PASCENDUM”, 1972] e oltre il Concilio Vaticano II fino ad oggi . [1]

[I^ Parte]

Nel 1947 il gesuita O. Pies, il quale veniva da una esperienza tragica fatta nei campi di concentramento nazisti, pubblicò un articolo in cui proponeva la rinascita del diaconato nella Chiesa come promotore della carità cristiana.

Ma il primo tentativo storico che promuoveva il ristabilimento del diaconato risale agli anni 1934-36, in particolare su alcuni articoli apparsi nella rivista «Caritas» [in Germania], i cui autori G. von Mann [1934], H. Schultz [1936] e soprattutto dal diacono Hannes Kramer, proponevano la rinascita del diaconato con una fisionomia analoga a quella del diaconato dei primi secoli.

Nell’ottobre del 1951 a Freiburg, attorno al Kramer, si formò la prima «comunità del diaconato», con finalità di approfondimento e promozione, e con un proprio bollettino periodico, distinto dalla rivista del movimento «Caritas».

Nel 1952, i componenti di questo gruppo formulavano una loro dichiarazione di principio, nella quale affermavano che il compito primario del diacono è quello di diffondere e approfondire tra i cristiani lo spirito di carità, e quindi promuovere le opere di amore nelle comunità ecclesiali, traendo per questo la fonte di grazia dalla Eucaristia.

Il problema della dimensione diaconale nasceva e si muoveva su una linea identificativa alquanto ambigua; l’idea di un «ministero di supplenza» sembrava giustificante alla crescente scarsità di preti . Su questa linea si è posta la prima importante monografia sulla proposta di restaurazione del diaconato permanente, scritta nel 1953 da W. Schamoni (autore di altri testi su Eusebio di Cesarea [2] ), compagno di prigionia di O. Pies.

Nella stessa prospettiva, si sono poste alcune voci autorevoli, provenienti dal mondo missionario, preoccupate di assicurare alcune funzioni essenziali (come la predicazione, la distribuzione della comunione, l’amministrazione del battesimo) alle comunità prive di sacerdoti. Proposte autorevoli in questo senso sono state fatte da mons. Van Bekkum, vicario apostolico di Ruteni (Indonesia) e da I. Hofinger, professore nel Seminario cinese di Manila

In sede storica, la prima intuizione è consistita nel pensiero di ridare alla Chiesa il «ministero della Carità», quel ministero cioè che significa ed esprime la Chiesa come comunità d’amore.

Questa prima intuizione, come abbiamo visto, dovuta al diacono Hannes Kramer e al gesuita O. Pies tra il 1945 e il 1955, si è rivelata non solo la più autentica, ma anche la più feconda , quando si è fatta sempre più chiara la comprensione che la diaconia, come espressione della carità, non è solo un «campo» del ministero ma una realtà costitutiva della Chiesa sacramento di salvezza.

Già prima del Concilio, nella riflessione teologica, si manifesta una tensione tra una visione analitica delle funzioni ( o «campi») del ministero diaconale ed una visione di sintesi che pone in stretto rapporto il diacono con la diaconia della Chiesa.

L’intuizione di Yves Congar nel 1968 (Domenicano, teologo e cardinale della Chiesa Cattolica, nacque a Sedan, in Francia l’8 aprile 1904 e morì a Parigi il 22 giugno 1995), segna una pietra miliare dello sviluppo della teologia del diaconato: «Il fatto che tutto il popolo di Dio, e in esso ciascuno dei suoi membri, sia chiamato alla diaconia, non esclude ma piuttosto richiama il fatto che alcuni siano consacrati ad essa come ministero speciale... Tutti sono sacerdoti; alcuni sono sacerdoti ad un titolo speciale... Nello stesso modo tutti sono chiamati alla diconia; alcuni lo sono in una maniera speciale». E’ il principio della «bipolarità».

Quanto al discorso delle funzioni del diacono, va sottolineato che, accanto alle opere di carità, si era già fatta luce quella nell’ambito liturgico. Solo con l’approfondimento della teologia di Chiesa ministeriale e missionaria, l’attenzione ai campi di ministero del diacono si è spostata sull’annuncio del Vangelo, che è stato collocato al primo posto.

Consideriamo ora, con uno sguardo sintetico, le tappe del cammino di approfondimento sul ministero del diacono, nel periodo che ha preceduto e preparato il Concilio Vaticano II.

Partendo da monografie e articoli che hanno introdotto il tema nella prospettiva della ricerca teologica e dell’impegno pastorale, la ricerca preconciliare ha trovato il suo culmine in una poderosa opera, frutto della collaborazione di diversi autori, cioè «Diaconia in Cristo» [3] . Ad essi sono seguiti, e in parte si sono richiamati, gli studi che i teologi (soprattutto Karl Rahner) hanno presentato al Concilio, contribuendo ad orientare l’assemblea alle successive decisioni.

   Gli sforzi che oggi la Chiesa sta ovunque compiendo per darsi una pastorale di rinnovamento che esprima una reale diaconia, un impegno cioè di tutti (gerarchia, sacerdoti, religiosi e laici) a servire con atteggiamento di corresponsabilità e di consapevolezza della validità e complementarietà dei diversi carismi e ministeri, corrispondono alle motivazioni di fondo ed alle finalità che fin dall'inizio accompagnarono ed animarono gli studi, i dibattiti e le proposte di quanti operarono per preparare, far progredire e condurre a termine il Vaticano II.   Soltanto chi è mosso da pregiudizi e da intenti non ecclesiali può oggi affermare che il ripristino del diaconato permanente fu voluto dal Concilio come un primo passo verso un presbiterato sposato.

   È vero che non pochi tra gli stessi Padri conciliari ebbero un tale timore e, per quanto fu in loro, cercarono di impedirne nei momenti dibattimentali la restaurazione, che però con lealtà accettarono nel momento decisionale e definitivo.   Ma al di fuori di questi timori, poi superati, dalla storia del Concilio emerge chiaro il proposito - fin dalla fase antipreparatoria - di diversificare nella Chiesa i ministeri in modo da renderli più efficienti e parteciparli ad altri membri del popolo di Dio che non fossero della gerarchia.

   Questa specificità e ricchezza propria dei ministeri non sacerdotali furono intraviste e formarono oggetto di proposte concrete fin dal 1959, nella fase antepreparatoria.   È interessante sapere come tra le 385 proposte sulla restaurazione del diaconato, che pervennero a Roma da tutta la Chiesa a seguito della consultazione voluta da Papa Giovanni XXIII, ben 363 furono per la restaurazione e soltanto 22 la sconsigliavano e tra le proposte favorevoli ben 125 volevano la restaurazione del diaconato senza la legge del celibato, 13 con la legge del celibato.

   E pur con la motivazione della scarsità dei sacerdoti le proposte favorevoli già allora presentavano i futuri diaconi come ministri necessari al pluralismo delle funzioni ecclesiali e al decentramento delle facoltà ministeriali per una maggiore e più efficiente diaconia nella Chiesa.   «Non pauca nostris temporibus - scriveva il Vescovo di Caltagirone - inveniuntur ministeria a sacerdotibus passim expleta, quae tamen non sacerdotibus opportunius ac utilius demandanda videntur».

 Ed il Vescovo Ausiliare di Bruxelles, Mons. Suenens sottolineava la grande importanza per il prossimo Concilio della questione del diaconato come grado a sé stante, con uffici propri da esercitare autonomamente rispetto all'ufficio sacerdotale.

          

           Nella stessa prospettiva si muoveva il Card. Frings di Colonia, ponendo la questione «se sia utile che gli ordini minori rivivano come gradi a sé esistenti od esercitanti propri singoli uffici, ed anche se sia utile che diaconi sposati esercitino l'ufficio ecclesiastico».

 [II^ Parte]

Fu da queste istanze, di contenuto e dimensioni ecclesiali, che la Commissione pontificia per la disciplina dei sacramenti preparatoria del Concilio formulò la «quaestio III de ordine» sotto il titolo «disceptetur an et quomodo expediat veterem praxim instaurare quoad ordines minores et diaconatum» riservando due trattazioni all'argomento, di cui la prima agli ordini minori e la seconda al diaconato, per la quale chiese un voto al teologo Karl Rahner, che, risultato favorevole, provocò la richiesta di un parere di opposizione o contrario a Mons. Valeriano Belanger, Vescovo Ausiliare di Montréal, e quindi una relazione del P. Enrico Evers, che enucleasse lo «status quaestionis» sulla base delle proposte e dei due opposti voti.

 

Potremmo continuare a lungo nell'analisi storica del problema indicato tanto fu complesso e approfondito l'esame che portò alla restaurazione del diaconato permanente, e addurre numerosissime testimonianze nel senso citato, se non ci premesse la sollecitudine di correre diritti al tema di fondo che è quello della priorità dell'evangelizzazione per una pastorale di rinnovamento che, involgendo l'intera comunità ecclesiale, imprima alla Chiesa universale e alle singole Chiese particolari dinamismo ed efficacia che rendano effettivamente la Chiesa strumento di salvezza per il mondo.

 

E fu proprio in questa direzione che il Concilio si andava movendo fin dalle sue prime fasi. Raccogliendo le istanze sopra ricordate, il teologo Karl Rahner nel citato voto sottolineava la volontà specifica di Cristo che per la sua Chiesa istituì il diaconato come "munus sacramentale" donde l'imperativo costituzionale, oltre all'urgente necessità, di restaurare il diaconato permanente «ad robur muneris Ecclesiae». Il pluralismo della diaconia appariva così già allora come un'esigenza costituzionale della e per la Chiesa, a cui riuscirà poi agevole scoprire l'assenza specifica del «munus diaconale» rifacendosi alla «praxis apostolorum» e alla sua propria funzione.           

           Il diacono sarà «in adiutorium hierarchiae circa mensam»; parteciperà cioè di quelle funzioni che sono proprie della Chiesa in quanto messaggera di Cristo nel mondo, maestra di educazione cristiana, animatrice delle opere di carità per la cura dei poveri e degli infermi, ecc. e non già di quella funzione con cui la Chiesa, distaccandosi dalla «passeggera figura di questo mondo» [4] , cerca di accostarsi «Deo sanctissimo, lumen inaccessibile inhabitanti».

 

Di qui la quasi irrilevante questione del celibato per i diaconi permanenti, che, invece, ha preminenza e quasi valore di essenza per coloro che nella funzione sacerdotale sono e devono essere intimamente e completamente congiunti, senza divisione di affetti, prima con Dio, per poi dedicarsi al servizio di santificazione dei fratelli, quali ministri propri dell'Eucarestia e del ministero della riconciliazione.

 

Per quanto faticoso sia stato poi il cammino conciliare alla restaurazione del diaconato, la via però era già stata tracciata e nella giusta direzione, in maniera irreversibile. Provvederà la costituzione dogmatica sulla Chiesa, la Lumen gentium [5] , a sanzionare sia il principio sulla essenzialità nella Chiesa della collaborazione diaconale sia le specifiche funzioni di questo munus: «… il ministero ecclesiastico, istituito da Dio, viene esercitato in diversi ordini, da quelli che già anticamente sono chiamati vescovi, presbiteri, diaconi (LG n° 28); infatti «In un grado inferiore della gerarchia stanno i Diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il ministero» (LG n° 29), poiché, «sostenuti dalla grazia sacramentale, nel ministero della liturgia, della predicazione, e della carità (essi) servono il popolo di Dio, in comunione con il Vescovo e il suo presbiterio» (LG n° 29).

 

Saranno poi i documenti pontifici o delle conferenze episcopali, a dare esecuzione a questi principi di costituzione, definiti conciliarmene dalla LG e perciò ormai fonti dinamiche della vita della Chiesa e il suo rinnovamento.

 

 

 

 

 


...continua..

 

 [1]   COMUNITÀ DEL DIACONATO IN ITALIA, Il diaconato in Italia, vol. n° 72/73, Reggio Emilia 1988.

 [2]   SCHAMONI HG. V. W., Märtyrer der Frühkirche. Berichte und Dokumente des Eusebius von Cäsarea, Düsseldorf: Patmos 1964. 189 S. (Heilige der ungeteilten Christenheit, HG. VON W. NIGG UND W. SCHAMONI)

[3] RAHNER KARL—VORGRIMLER H. a cura di, Diaconia in Cristo, Freiburg (Germania), 1962.

  

       [4] Cfr. 1 Cor 7,31.

       [5] Paolo VI, Lumen Gentium,  Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, 21 novembre 1964 .

 

Agosto , 2013                       Posted by webmaster | fonte:  reserved

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